giovedì 21 giugno 2018

Maestri della coscienza

Nel laboratorio di Camaldoli interverrà Anselmo Palini, grande conoscitore di Primo Mazzolari. Per addentrarci nel senso profondo della sua lezione di un pensiero sempre legato alla vita reale, riportiamo alcune risposte dall'intervista pubblicata come Extra di Città Nuova. 

 

Come riporta il dizionario biografico della Treccani, Mazzolari, nato nel 1890 e diventato sacerdote nel 1912, «nella primavera del 1915, durante i mesi caratterizzati dall’aspro dibattito tra interventisti e neutralisti, che divise anche il mondo cattolico, condivise e sostenne le posizioni dei giovani interventisti democratici cattolici che interpretavano la guerra già iniziata come un’occasione importante non solo per recuperare le «terre irredente» del Trentino e della Venezia Giulia, ma anche per sconfiggere l’autoritarismo e il militarismo tedesco e inserire pienamente l’Italia nella comunità degli Stati democratici e parlamentari. Entrò in particolare sintonia con E. Cacciaguerra, fondatore della Lega democratica cristiana, e collaborò, dal 1914 al 1917, con L’Azione di Cesena, da questo diretta, con diversi articoli, polemizzando persino con G. Miglioli, sostenitore di un radicale neutralismo, a partire dalla sua esperienza d’animatore delle leghe bianche delle campagne padane. Nel novembre del 1915 si arruolò come soldato semplice». 

Come si spiegano queste scelte del giovane cattolico? Ecco una delle risposte di Anselmo Palini.

Don Primo Mazzolari segue con un certo interesse il dibattito fra interventisti e neutralisti in Italia alla vigilia della prima guerra mondiale. Conosce Eligio Cacciaguerra, animatore della rivista “L’Azione” di Cesena e tra i fondatori della Lega Democratica Nazionale, che sostiene l’idea di un partito autonomo dei cattolici italiani. Mazzolari collabora con la rivista di Cacciaguerra, per la quale scrive diversi articoli riguardanti il rinnovamento ecclesiale. Allo scoppio del conflitto, Cacciaguerra assume una posizione interventista, molto lontana però dal nazionalismo proposto soprattutto dalle forze conservatrici. Don Mazzolari condivide la posizione del suo amico cesenate. In un lungo articolo intitolato Apostolato civile del clero italiano[1], scrive che «la patria è di tutti e ha bisogno di tutti». Se in nome dell’amore cristiano la guerra va condannata, essa tuttavia va promossa e sostenuta in nome della giustizia. Per il giovane e idealista don Mazzolari, la guerra può spazzare via tutte le ingiustizie e aprire la strada per la costruzione di una nuova civiltà. Una posizione giovanile,  radicalmente diversa da quella che sosterrà in Tu non uccidere. Scrive il giovane sacerdote cremonese:

Bisogna saper parlare della nostra guerra senza che ci perda la nostra dignità e la santità della nostra dottrina. L’Evangelo, che come carità condanna la guerra, come giustizia condanna l’ingiustizia. Tra questi due termini, che non sono antitetici, ogni anima di buon senso che sente come l’Ideale rispetto agli uomini non sia una realtà statica che s’impone, ma una conquista che l’avvicina grado grado, può trovare non una scappatoia logica, ma l’equilibrio morale per intendere l’Evangelo e la storia, per illuminare questa in quello. Così non c’è pericolo di essere confusi tra i guerraioli purché la nostra parola sia senz’odio come a cristiani si conviene, senza enfasi e retorica come è di ogni rivestimento della verità. Così adoperandoci, lavoreremo per la patria e per la Chiesa[2].

I cattolici sono chiamati a cooperare per il bene della patria, senza chiusure e rifiuti ideologici,  e talvolta è necessario trovare una sorta di compromesso e mediazione tra l’ideale evangelico e la concretezza storica, con l’obiettivo di migliorare la condizione umana. La partecipazione dell’Italia alla prima guerra mondiale viene considerata da don Mazzolari secondo quest’ottica di mediazione storica inevitabile, al fine di combattere l’ingiustizia e per realizzare in Europa una pace duratura. Contro la prepotenza militare dei nazionalismi dell’Europa centrale, non resta, per don Mazzolari, che accettare il male della guerra. La posizione interventista viene vista come l’unico modo per garantire all’Italia il prestigio che l’imperialismo di Austria e Germania intende invece ostacolare.



1. Si veda: P. Mazzolari, Diario I, (1905-1915), nuova edizione a cura di A. Bergamaschi, Dehoniane, Bologna 1997, pp. 718-722. 
2. Mazzolari, Diario I, cit., pp. 721-722.

 





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