Nonostante l’appello dei maggiori storici e
archeologi del tempo, la dinastia Savoia impose e inaugurò nel 1911, accanto al
Campidoglio, il gigantesco monumento ideato per celebrare Vittorio Emanuele II,
primo re d’Italia. Al centro di questo tempio era previsto un altare dedicato
alla dea Roma. Pochi anni dopo quel posto fu occupato dai resti di un soldato
rimasto senza nome durante l’eccidio della Grande Guerra (1914-18) destinato a
dissolvere, in pochi anni, quattro imperi, provocando 10 milioni di morti, 21
milioni di feriti, fra i quali 8 milioni di mutilati ed invalidi e 8 milioni di
prigionieri. Senza dimenticare le vittime , a decine di milioni, della pandemia
della Spagnola. Una generazione mandata ad un massacro destinato ad aprire la
strada all’ancor più devastante flagello della seconda guerra mondiale
culminata con l’incubo atomico di Hiroshima e Nagasaki.
Tutta la ricerca storica resta avvolta dal mistero
di un evento che, come afferma Christopher Clarke, ha visto re, imperatori,
ministri, ambasciatori, generali agire «come un sonnambulo, apparentemente
vigile ma non in grado di vedere, tormentato dagli incubi ma cieco di fronte
alla realtà dell’orrore che stava per portare nel mondo».
L’altro grande mistero riguarda la mancata
ribellione di massa, ad eccezione della particolare vicenda russa, di gran
parte dei 75 milioni degli uomini obbligati a partecipare a quello che la
migliore letteratura ha descritto come un vero e proprio mattatoio. Molti
avranno letto il capolavoro di Emilio Lussu («Un anno sull’altipiano») dove si
riconosce nello sguardo del generale omicida l’occhio del malato psichiatrico.
Gli episodi di fraternizzazione e ribellione alla guerra da parte dei soldati
inglesi e tedeschi sul fronte delle Fiandre nel Natale del 1914, documentati
anche dalla stampa dell’epoca, furono duramente repressi dai comandi militari e
avvennero prima che il nostro Paese fu trascinato nel conflitto, nonostante la
contrarietà di gran parte della popolazione e, in un primo momento, dello
stesso parlamento, da una manovra ordita dal re Vittorio Emanuele III in
combutta con il primo ministro Antonio Salandra e il ministro degli esteri
Sidney Sonnino. Un vero e proprio “azzardo del 1915” come lo definisce, in
un’accurata ricostruzione, Gian Enrico Rusconi senza dimenticare la pressione
della grande stampa e degli industriali che sostennero la violenza degli
interventisti secondo un disegno ideologico di espansione del potere
autoritario ben descritto nella storia d’Italia di Benedetto Croce.
Con le cerimonie rituali all’altare della patria e
la riproposizione della retorica della canzone del 24 maggio, l’Italia dimostra
di non aver fatto i conti con la storia. Lo documenta il recente affossamento
in Senato di una legge approvata all’unanimità in commissione della Camera per
rendere onore ai soldati italiani vittime di un sistema repressivo costituito,
sottolinea lo storico Sergio Tanzarella,
da «processi farsa, tribunali speciali fino alle esecuzioni sul posto
(lasciando ai comandanti totale arbitrio di vita e di morte nei confronti dei
sottoposti)» senza tralasciare le «decimazioni tra i soldati fortemente volute
da Cadorna (comandante supremo, ndr)per instaurare un regime di terrore nella
truppa».
La retorica sulla “vittoria” ha offuscato anche l’insabbiamento
avvenuto, grazie a Mussolini, già sostenuto dalla grande industria nella sua
conversione dall’internazionalismo socialista, dei risultati della Commissione
parlamentare d’inchiesta istituita nel 1919 sulle spese di guerra che documenta
i sovrapprofitti di società destinate a determinare la storia del Paese
(Ansaldo, Fiat, llva, Edison, ecc.). In tale contesto bisogna inquadrare
l’appello di Benedetto XV del 1917 a fermare l’inutile strage, ignorato dai
Capi delle Nazioni ai quali era rivolto, mentre i credenti restarono obbligati verso
l’autorità legittima e, anzi, incitati all’azione in battaglia come atto di
devozione al Sacro Cuore, come invitava a fare il francescano Agostino Gemelli,
capitano medico del Comando supremo italiano.
Solo con le lettere di Lorenzo Milani ai cappellani
militari è emersa pubblicamente la necessità di una coscienza personale capace
di ribellarsi alla menzogna della guerra.
Una lezione rimossa ma ribadita da
papa Francesco quando nel 2014, visitando il sacrario dei 100 mila morti a Redipuglia (Pn), ha lanciato un grido
contro la “logica di Caino” facendo presente che ancora oggi esistono poteri e
interessi che costruiscono e legittimano nuovi mattatoi.
Abbiamo ancora pochi
mesi per arrivare al 4 novembre 2018 con un giudizio storico maturo che apre
gli occhi sul presente. Cerchiamo di essere pronti.