martedì 24 luglio 2018

Camminare domandando

L’appuntamento nasce dalla necessità di trovare uno spazio comune di approfondimento per esaminare alcuni nodi tematici sorti nel percorso del gruppo di lavoro “economia disarmata” che sostiene l’impegno per la pace del Movimento dei Focolari in Italia. Non si tratta perciò di un’esigenza teorica e astratta ma da una domanda di senso che proviene dall’impegno diretto nella realtà, secondo il criterio della “cultura che nasce dalla vita” adottato come metodo e strumento di conoscenza


Il legame con la “grande guerra del 14-18” del secolo scorso si pone a partire dalla frattura tra l’invito inascoltato ai “capi delle nazioni” lanciato da Benedetto XV  per fermare l’inutile strage, l’orrenda carneficina della guerra industriale di massa da 10 milioni di morti, e l’obbedienza comunque dovuta all’autorità legittima da parte dei singoli cittadini. Obbedienza ribadita, tragicamente, pur di fronte a regimi disumani come quello nazifascista. La rottura di tale contraddizione, come è noto, è emersa compiutamente in Italia, a livello ecclesiale, con la testimonianza di Primo Mazzolari e Lorenzo Milani. Due sacerdoti lontani da ogni posizione di potere. Eppure posizioni coerenti in tal senso si sono già avute con Guido Miglioli, sindacalista delle leghe bianche attive nel cremonese.

In questa prospettiva storica, contemporanea con le vicissitudini dei movimenti anarchici e socialisti messi in crisi nel loro internazionalismo, ha particolare valore per noi la vicenda emblematica del giovane Igino Giordani che pur ripudiando la guerra si sentì comunque obbligato a indossare la divisa anche se, come precisa nella sua autobiografia scritta in tarda età, non sparò mai un colpo contro il nemico. 
Giordani, che diventerà cofondatore del Movimento dei Focolari, presentò nel 1949 la prima proposta di legge sull’obiezione di coscienza e questo orientamento, pubblicamente condiviso con Mazzolari che scrisse in maniera forzatamente anonima il fondamentale testo di ripudio della guerra “Tu non uccidere”, gli rese difficile la vita nel suo partito pur rappresentando, nella sua persona, la coerente continuità storica con il popolarismo antifascista.  

Si veda la descrizione di Giordani sul dizionariobiografico Treccani
Si tratta perciò di  andare alle radici delle questioni decisive per andare avanti nel nostro  camminare e agire oggi, nel 2018, di fronte a scelte politiche che ignorano il dettato costituzionale di “ripudio della guerra”, come nel caso eclatante delle bombe per aereo prodotte in Sardegna per l’aviazione della colazione saudita che bombarda la popolazione yemenita.
Sul questo blog tematico si trova diverso materiale utile che riprende anche pubblicazioni tematiche di Città Nuova. 
Questioni affrontate in una lunga intervista del 2016 con  Renato Sacco, coordinatore di Pax ChristiItalia, con domande legate all’attualità e al nodo della scelta della nonviolenza di fronte alla contraddizione di un modo in armi dove prevale l’ingiustizia.
Domande e risposte servono come base di un dialogo ragionato ed esigente

domenica 15 luglio 2018

L'Odissea libica e l'Italia

 

 

 

A proposito della Libia arrivano, nel luglio 2018, notizie di persone migranti che rischiano la vita sui gommoni perchè fuggono per chiedere asilo e rischiano di essere riportate nei campi di dentezione dove sono esposti a gravi violenze e umiliazioni. 

Ma sono in pochi a tener presente l'origine del caos con l'intervento armato voluto fortemente dalla Francia nel marzo 2011, Ecco la foto del vertice internazionale che diede via libera il 19 marzo all'operazione bellica 

 

 U.S. Secretary of State Hillary Rodham Clinton poses for a family photo with world leaders at the crisis summit on Libya at the Elysee Palace in Paris, France, on March, 19, 2011. [State Department photo/ Public Domain]

 

Dal dossier Disarmo di Città Nuova riprendiamo degli stralci dell'intervista fatta a Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, per avere un suo parere di ricostruzione dei fatti e delle responsabilità di un avvenimento accaduto effettivamente pochi anni addietro. Un punto di vista che si può condividere o meno,soprattutto nelle conclusioni, ma che dimostra il livello di consapevolezza che esiste a livello di analisti della guerra. 

Come si spiega allora il sostegno del nostro Paese alla guerra contro la Libia di Gheddafi nel 2011? Oggi quasi tutti, a partire dai vertici militari, ne parlano come di un errore… 

Non è stato un errore. Siamo stati obbligati in forza di un ricatto. Il venerdì santo di quell’anno è venuto a Roma il presidente della commissione steri del senato Usa, John Kerry, per parlare con Berlusconi che aveva assicurato il mancato intervento diretto in Libia da parte dell’Italia che pure assicurava le basi alla Nato per colpirla. Il giorno di Pasqua Obama stesso telefona al presidente del consiglio italiano che, il giorno dopo, annuncia la partecipazione della nostra aviazione ai bombardamenti in corso sul Paese Nordafricano. Berlusconi ha dovuto cedere a pressioni fortissime contravvenendo ad un trattato internazionale bilaterale firmato con Gheddafi che prevedeva, tra l’altro, la non aggressione tra i due Paesi e il divieto di fornire basi a terzi per condurre attacchi.
Quella guerra serviva a destabilizzare una regione ma sarebbe stata impossibile da condurre per gli Stati Uniti senza l’utilizzo delle basi italiane, se non al prezzo di un impegno di forze e di uomini che il congresso americano non avrebbe mai autorizzato Obama a dispiegare. Anche perché Gheddafi aveva cominciato a collaborare e non era più visto come il feroce nemico dei tempi di Reagan. All’epoca l’Unione africana fece notare che la caduta di Gheddafi avrebbe portato il caos nel Shael con l’effetto di avere una Somalia (stato fallito, ndr) affacciata sul Mediterraneo. Un tipo di analisi che anche gli analisti hanno fatto con piena consapevolezza, come è facile immaginare. Allo stesso tempo il ritiro deciso da Obama in maniera affrettata dall’Iraq nel 2011 ha comportato l’entrata in quel Paese delle forze Isis che hanno preso facilmente il controllo nella parte nord. 

Ma nel caso libico non è stato predominante l’interesse francese? 

La loro belligeranza è stata funzionale agli interessi degli americani ed è stata evidente l’intenzione di Sarkozy di voler sottrarre gli affari agli italiani, ma anche per loro si è trattato di un autogol perché il caos conseguente non ha portato affari neppure a Parigi. 

Come se ne esce ora ? 

 Molti rimpiangono Gheddafi. Manca un uomo forte capace di controllare il territorio. Haftar sta crescendo sempre di più, gestisce quasi la metà del territorio nazionale e si sta espandendo ma l’Italia fa bene ad appoggiare il premier al-Sarraj perché controlla o esercita un’influenza sulla Tripolitania, cioè sulle zone strategiche da dove partono i migranti e dove è situato il terminal del gasdotto che porta il gas libico in Italia. Dobbiamo sostenere il primo ministro libico Fayez al-Sarraj per farlo trattare alla pari con Haftar che riceve il sostegno della Russia. Putin ha interesse a fermare il terrorismo islamista che minaccia di espandersi non solo nel Caucaso, dove già esiste, ma di contaminare quel 15% di popolazione musulmana in Russia che, estremizzata, potrebbe far insorgere una guerra civile devastante.
 
Quindi non basterebbe un accordo tra le maggiori potenze per fermare l’incendio in corso in Libia ? 

Certo. La Russia ha interessi comuni con l’Europa, ma questi sono molto diversi da quelli degli Usa che, con Trump, apertamente hanno dichiarato una ostilità aperta, già in sordina sotto Obama, verso la Germania inteso come Paese leader dell’Europa.


 

domenica 1 luglio 2018

Coscienza e disobbedienza

Attualità della riflessione oggi che in Italia si è creato un clima ostile al salvataggio dei migranti nel Mediterraneo

Dall'intervista ad Anselmo Palini su Extra Città Nuova 

C’è un legame tra Mazzolari e l'ultimo grido di Romero rivolto ai soldati chiedendo la loro disobbedienza?
 

Il legame è molto chiaro: Mazzolari in Tu non uccidere ha affermato a chiare lettere che un credente deve prendere il quinto comandamento come un imperativo categorico, e dunque deve lasciare cadere le armi dalle proprie mani. Questo invito il 23 marzo 1980 nel corso di un’omelia il vescovo di San Salvador, mons. Oscar Romero, l’ha rivolto ai soldati, responsabili di una feroce repressione contro il popolo. In particolare ha chiesto loro di rifiutarsi di obbedire agli ordini di sparare sui campesinos disarmati e su quanti non facevano altro che reclamare pace e giustizia. Il giorno dopo Oscar Romero verrà assassinato[1].

Qui di seguito l'audio di quel'invito perentorio a disobbedire agli ordini ingiusti 

 


[1] Sulla vicenda di Oscar Romero cfr di Palini : Oscar Romero. “Ho udito il grido del mio popolo”, editrice Ave, Roma 2012; Una terra bagnata dal sangue. Oscar Romero e i martiri di El Salvador, Paoline, Milano 2017.