Il
metodo Iglesias, leva per cambiare il sistema
Come e
perché, oltre la banalizzazione dei media, il caso delle bombe vendute ai
sauditi per la guerra nello Yemen sta risvegliando la coscienza di molti
La
Cancelliera Merkel ha ricevuto lo scorso 12 maggio 2018, dai francescani di
Assisi, la lampada della pace come giusto riconoscimento dell’adozione di una
politica di accoglienza dei migranti. Nelle grandi occasioni è raro trovare
qualcuno pronto a rompere il protocollo. Lo ha fatto un giovane che fa parte
del comitato per la riconversione Rwm e abita a Rivotorto, il luogo della conversione, con l’abraccio al lebbroso,del
ricco figlio di Pietro Di Bernardone. A chi determina, da Berlino, la linea
politica all’Europa intera, l’ universitario Alessio Lanfaloni ha chiesto con pacatezza
il perché dell’invio dall’Italia in Arabia Saudita, impegnata nel conflitto in
Yemen, delle bombe per aereo prodotte da una fabbrica, la Rwm Italia operativa
nel Sulcis Iglesiente, in Sardegna, e sede a Ghedi, Brescia,ma controllata
dalla tedesca Rheinmetall Defence, multinazionale che produce armi dai tempi di
Bismarck ed ex ministri nel consiglio di amministrazione.
L’ultimo
accordo della grande coalizione di governo della Cdu con i social democratici,
in Germania, prevede l’impegno a non esportare armi verso le zone di conflitto,
e in primo luogo verso l’Arabia Saudita. Formalmente la norma è rispettata
perché l’intero ciclo, dalla produzione alla spedizione, si consuma nel nostro
Paese. Come se non esistesse la legge 185 del 1990 conquistata da parte dei
lavoratori obiettori alla produzione bellica. Come se non esistesse la
Costituzione nel suo insieme.
Perché
una grande potenza economica deve usare questi stratagemmi giustificando il
tutto con la scusa di creare lavoro in una delle zone impoverite dell’Italia?
D’altra parte lo stesso Gentiloni, rispondendo quando era ministro degli
Esteri ad una interrogazione parlamentare sulla vicenda Rwm, ha citato i Paesi
alleati, dalla Gran Bretagna alla stessa Germania, che sono molto più coinvolti
del nostro nell’export ai Sauditi. Per non parlare del patto vigente tra Riyad
e Washington, il vero convitato di
pietra che ostacola ogni presa di posizione autonoma dei nostri rappresentanti
politici. Vanno studiate le dichiarazioni di quei partiti che il 19 settembre
2017, in maniera trasversale, hanno affossato nell’aula della Camera una serie
di mozioni promosse, da sinistra e 5stelle, per interrompere l’invio di e
l’avvio di programmi di riconversione economica in Sardegna. Alla fine,
nonostante il voto di coscienza di singoli deputati della passata maggioranza,
l’Aula ha adottato una risoluzione generica, presentata all’ultimo momento
dalla dem Quartapelle, che ignora la questione bombe e si limita ad assicurare
interventi umanitari.
In tal
modo sono state umiliate le istanze avanzate in una affollata conferenza stampa
del 21 giugno promossa da Rete disarmo, Banca etica e le sezioni italiane
di Amnesty, Oxfam e Focolari per dare voce ai rappresentanti di Medici senza
frontiere, che hanno subito il bombardamento delle loro strutture ospedaliere,
e a Arnaldo Scarpa, portavoce del comitato Riconversione Rwm, nato nel
maggio del 2017 dopo una marcia, inaspettatamente numerosa, promossa
nell’antica città mineraria di Iglesias dal Movimento dei Focolari per far
emergere e ascoltare quelle realtà che, almeno dal 2001, non accettano la
conversione, con fondi pubblici, di quella fabbrica di esplosivi, destinati
alle miniere, alla produzione bellica pesante.
Il
“metodo Iglesias” comporta l’ostinazione a non fermarsi alla denuncia per adoperarsi
a cercare di cambiare, assieme, lo stato delle cose, cercando alleanze e
promuovendo il risveglio della coscienza. Non accontentarsi alla raffigurazione
del “nemico”, troppo grande da superare, per cercare di offrire un percorso
ragionevole, superando l’indifferenza che, spesso, è un estrema manifestazione
del dolore di una terra violata da una crisi economica senza fine. C’è gente
che si è reclusa per mesi nelle miniere o davanti a fabbriche delocalizzate
all’estero per cercare di salvare occupazione e dignità. La bella parola
“conversione” suona come una minaccia per chi conosce le pratiche aziendali che
la usano come un’arma per chiudere, precarizzare e demansionare.
Eppure
il comitato è riuscito a convincere il consiglio comunale di Iglesias che, il
19 luglio 2017, ha definito la città come luogo di pace rispondendo alle
richieste della Rwm che vuole estendere la produzione dalla confinante Domusnovas.
E, poi, il 3 dicembre 2017, sempre ad Iglesias, si è tenuto un seminario
partendo dalla ribellione alla produzione bellica, raccontata da Elio Pagani, obiettore all’Aermacchi negli
anni ’80, fino alla proposte reali e concrete di una riconversione integrale
del territorio. L’esempio della riscoperta e pratica dell’antico cammino
minerario di santa Barbara,che si snoda per 400 km in un paesaggio di rara
bellezza, vale come attenzione reale alla terra. Si è registrata anche
l’attenzione delle facoltà di economia e ingegneria della università di
Cagliari. Insomma tutto ciò che il Piano Sulcis, finanziato da anni, non
dovrebbe ignorare.
Ma il problema
in questi casi è quello di un informazione incapace di cogliere la vera notizia
di un pezzo di umanità refrattaria al potere prevalente, preferendo, così, le
immagini dell’operaio che fugge dalla telecamera azionata per inchiodarlo alla
sua responsabilità. Oppure addirittura andando a raccogliere chiacchiere nei
bar tra gli avventori che rivendicano la produzione legale (“lo dice la
Pinotti!”) di bombe con ragionamenti sentiti anche in Parlamento: “non siamo
noi che fermiamo le guerre, altri produrranno armi al nostro posto”. Come se
davvero la responsabilità della mancanza di una politica industriale nazionale
e le obbedienze internazionali si potessero addebitare ad una popolazione
consegnata alla marginalità che fa notizia solo per un frammento del tg se del
fatto ne parla (addirittura!)il New York Times.
Per
questo motivi la rete internazionale dei comunicatori di Net One ha promosso il
5 maggio un seminario su giornalismo e pace nel teatro Elettra di Iglesias, per
poi continuare l’incontro con la città nelle manifestazioni promosse dal comitato
riconversione. In contemporanea è stato emesso un comunicato del vescovo di
Iglesias, Giovanni Paolo Zedda, a favore del lavoro che dà vita e non morte.
Anche l’ex patron di Tiscali, e attuale eurodeputato Renato Soru, ha voluto
esprimere pubblicamente, con effetti a catena nel suo schieramento, la
necessità irrinunciabile di una Sardegna come “isola di pace”.
Una
specie, insomma, di giubileo con la presenza di Bonyam Gamal, attivista
yemenita per i diritti umani, presente in Europa per denunciare, assieme a Rete
Disarmo e i corrispondenti tedeschi, la responsabilità politiche italiane e
quelle del gruppo industriale tedesco.
Al
racconto della sofferenza subita da un’intera famiglia yemenita, distrutta da
quelle bombe usate dalla coalizione saudita in un conflitto che rientra nella
“geopolitica del caos”, il sindaco di Iglesias ha rindossato la fascia
tricolore, esibita poco prima al ricevimento del premio dall’Associazione Città
per la fraternità, per andare a stringere la mano a quella ragazza che parlava
senza odio. Un gesto liberatorio dal legame di morte, costruito dalla potenza
del denaro tra terre lontane. L’inizio di un principio di ordine dalla follia
della guerra che è possibile ricomporre.
La
marcia mattutina della domenica 6 maggio sul sentiero iniziale del cammino
minerario, iniziato davanti al palazzo comunale per finire al convento delle
clarisse del convento di santa Chiara, posto sulla collina che protegge
l’elegante città sarda dalle antiche mura, ha coinvolto persone di diverso credo e convinzione.
Fare di
quanto sta accadendo solo una questione locale, da sminuire o esaltare come
caso raro, vuol dire non aver compreso che questa dimostrazione del “dovere
della rivolta”, come diceva Mazzolari, verso “l’economia che uccide”, non solo
con le armi, può rivelarsi la prima decisiva incrinatura di un sistema iniquo.
L’occasione per salvare la nostra umanità.
Di
Carlo Cefaloni sul Mosaico di Pace mensile di Pax Christi
giugno 2018