Esiste un grande processo di rimozione collettiva
sulle cause e le responsabilità del mattatoio della Grande Guerra del
1914-1918.
Chi ha lucrato sulla morte di milioni di persone e spalancato l’abisso dei regimi totalitari, ha continuato a determinare la vita delle nazioni e a governare i processi di globalizzazione. A cominciare dalle aziende (Ansaldo, Fiat, Perrone, Ilva,…) che hanno finanziato la scelta interventista del 1915. Allo stesso tempo è rimasto in silenzio o è stato complice chi poteva sostenere, davanti all’orrore e alla menzogna, la ribellione spontanea di un popolo di operai e contadini. Il fallimento dell’internazionalismo socialista e il grido solitario di Benedetto XV sulla inutile strage spiegano tante delle nostre attuali contraddizioni.
Chi ha lucrato sulla morte di milioni di persone e spalancato l’abisso dei regimi totalitari, ha continuato a determinare la vita delle nazioni e a governare i processi di globalizzazione. A cominciare dalle aziende (Ansaldo, Fiat, Perrone, Ilva,…) che hanno finanziato la scelta interventista del 1915. Allo stesso tempo è rimasto in silenzio o è stato complice chi poteva sostenere, davanti all’orrore e alla menzogna, la ribellione spontanea di un popolo di operai e contadini. Il fallimento dell’internazionalismo socialista e il grido solitario di Benedetto XV sulla inutile strage spiegano tante delle nostre attuali contraddizioni.
L’Italia, nonostante una diffusa opposizione
popolare, ha partecipato alla guerra in Iraq nel 2003 e ha aderito banalmente
al conflitto in Libia voluto dalla Francia nel 2011. La nostra penisola è usata
come una piattaforma logistica e di deposito di armi, anche nucleari, pronte ad
essere impiegate nei conflitti che, su scala planetaria, configurano una vera e
propria terza guerra mondiale.
Finmeccanica, gruppo industriale ancora sotto
controllo pubblico, sta ultimando la propria intera conversione produttiva dal
settore civile a quello militare con la conseguenza di trovare strategie di
vendita degli armamenti sostenute dalle azioni e omissioni dei nostri governi
in campo diplomatico.
Non è perciò affatto una stranezza avere ancora le
nostre strade e piazze che portano i nomi di veri e propri criminali di guerra,
come ad esempio Luigi Cadorna, o di luoghi “vittoriosi” segnati da vergognosi
eccidi di un’intera generazione.
Gli stessi momenti celebrativi della Repubblica che
ripudia la guerra (articolo 11 della Costituzione) si accompagnano a parate
militari, all’inno del maggio radioso, all’uso irrispettoso e strumentale del
culto dei soldati caduti in battaglia.
Oltre la retorica ufficiale, che continua in gran
parte a coprire una vergogna che segna nel profondo la nostra coscienza, questo
nuovo 15-18 è il tempo giusto per mettere in evidenza e far conoscere le voci
della resistenza alla cultura di morte, recuperare le storie sconosciute,
ripristinare la verità storica che purifica la memoria senza censure e
coperture di comodo, condividere una lettura del nostro tempo per cercare di
capire le visioni e le idee che ora minacciano la ricerca autentica della pace
nella giustizia.
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